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“Paperback” e i giochi con le Parole

Esiste tutto un filone di giochi da tavolo improntati all’uso delle parole: mazzi o tessere o pedine piene di lettere con i quali i giocatori si cimentano cercando di pescare nel proprio vocabolario le parole che garantiscono più punti.

Il primo e forse più noto della serie è Scrabble / Scarabeo, dove si piazzano tessere con le lettere su un tabellone che ricorda quello delle parole crociate. Si fanno punti costruendo le parole più lunghe, usando le lettere più remunerative, e occupando le caselle del tabellone che consentono di moltiplicare il valore delle lettere o delle parole. Si noti che Scrabble e Scarabeo non sono esattamente la stessa cosa. Scrabble è il gioco originale creato in America alla fine degli anni ’30; Scarabeo ne è una variante nata in Italia sul finire degli anni ’50.

Da allora molti giochi di parole si sono diffusi: su tutti, il Paroliere, nato sempre in America negli anni ’70, dove le lettere sono su 16 dadi che vengono mescolati e disposti su una griglia 4×4 (o 5×5 nella variante del Maxi Paroliere); da questo poi in Italia si è diffusa la sua variante “Paroliamo”, dove si usano carte al posto dei dadi, con l’obiettivo di trovare la parola più lunga.

Altro gioco più recente meritevole di attenzione è “Word Whiz” uscito nel 1996 dove lo scopo è di trovare delle parole che contengono 3 consonanti pescate a caso da un mazzo di carte: le vocali contenute nella parole trovate fanno avanzare le proprie 5 pedine vocale “A” “E” “I” “O” “U” lungo un percorso di 13 caselle: vince il primo che avrà portato tutte le sue vocali al termine del percorso.

Lettere, parole e…

Ci è capitato recentemente di giocare ad un nuovo gioco di parole che non conoscevamo: “Paperback”, di Tim Fowers, uscito nel 2014 e localizzato in Italia da MS Edizioni.

Il gioco è particolarmente interessante e per spiegarne il motivo bisogna fare una premessa.

Ci sono giochi che nel tempo hanno avuto particolare rilevanza perché hanno fatto scuola introducendo per primi una nuova meccanica di gioco particolarmente brillante. Uno di questi giochi è “Dominion”, che nel 2008 introduceva la cosiddetta meccanica del “deckbuilding”, ripresa poi da innumerevoli altri giochi.

Il “deckbuilding” consiste in questo: all’inizio del gioco, ciascun giocatore dispone di un mazzetto di poche carte, dal quale pesca la sua “mano”. Al proprio turno, gioca le carte della mano, applicandone gli effetti. Le carte giocate vanno poi nei propri scarti, e il giocatore pesca una nuova mano di carte dal suo mazzetto. Poiché il mazzetto iniziale ha poche carte, dopo aver giocato qualche mano si esaurisce: gli scarti sono quindi rimischiati a comporre un nuovo mazzetto di pesca. Le carte dunque “ritornano”, nella propria mano. I giocatori però, nel corso della partita, hanno modo di acquisire nuove carte, che si aggiungono a quelle iniziali, ingrossando il proprio mazzetto: bisogna scegliere attentamente le nuove carte, in modo che ciascuna mano di carte che si pesca diventi sempre più efficiente e consenta di raggiungere velocemente gli obiettivi della partita. Nel caso di Dominion, fare punti.

Come si gioca a “Paperback”

“Paperback” applica questa bella ed elegante meccanica ad un gioco di parole. Le carte mostrano lettere e gruppi sillabici. Ad ogni carta è associato un valore in cents. I giocatori partono con un mazzetto di 10 carte – 5 consonanti (da 1 cent) e 5 “Jolly” (da 2 cents), che valgono qualunque lettera. Al proprio turno, i giocatori pescano 5 carte dal mazzetto e con queste cercano di formare le parole di valore maggiore – il valore è dato dalla somma dei “cents” di ciascuna carta che compone la parola. Questi “cents” possono essere adoperati per comprare nuove carte, raffiguranti lettere o gruppi sillabici, che consentiranno di creare parole di valore maggiore, però più difficili da realizzare.

I cents possono essere spesi anche per comprare le cosiddette “Carte Fama”, carte jolly che valgono parecchi punti a fine partita.
Al termine del gioco, chi ha più punti è il vincitore.

A rendere ancora più vario e “strategico” il gioco è il fatto che alcune carte oltre alle lettere hanno anche diversi “effetti”, che vanno dall’incrementare il valore della parola costruito (ad esempio raddoppiandola), al pescare nuove carte, a mettere in difficoltà gli avversari.

Come detto, “Paperback” “innesta” la meccanica del deckbuilding di Dominion su un gioco di lettere e parole – e il connubio è a nostro avviso riuscitissimo. Il risultato è un gioco fresco, divertente, stimolante nella ricerca di parole sempre più lunghe e di maggior valore, e strategico nella corsa ad accaparrarsi gli effetti più remunerativi. Purtroppo ad oggi si tratta di un gioco di difficile reperibilità, in quanto l’edizione pubblicata in Italia nel 2018 da MS edizioni è da tempo esaurita. L’augurio è che possa esserci presto una ristampa!

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